Terra e cielo

Terra e cielo è una versione successiva de’ L’uomo irrisolto.

Emmevu Teatro. Stagione 1999-2000.
Regia di Roberto Cavosi.
Con Fabio Bussotti, Sergio Meogrossi, Giancarlo Ratti, Giampaolo Innocentini, Noli Sta.Isabel, Sergio Pierattini.
Scena Leonardo Conte, Alessandra Panconi.
Muische Alfredo Santoloci.
Luci Jurai Saleri.

Rassegna stampa

L’uomo irrisolto

Festival di Todi, settembre 1990.
Regia di Roberto Cavosi.
Con Fabio Bussotti, Giancarlo Ratti, Sebastiano Tringali, Angelo Lelio, Paolo Montevecchi, Sergio Pierattini.
Scene Guido Torri.
Musiche Stefano Caprioli.
Luci Jurai Saleri.

Rassegna stampa

La ragazza di Marghera

La ragazza di Marghera è una versione rivista di Sissi. La principale differenza è l’ambientazione: si svolge tra Marghera e Venezia invece che tra Merano e Bolzano.

Saggio del corso di recitazione del Teatro Stabile del Veneto, in collaborazione con la Regione Veneto. Luglio 1998.
Regia di Roberto Cavosi.
Movimenti coreografici Francesca Siega.
Ottimizzazione scene e costumi Erika De Martino.
Luci Delio Baoduzzi.

La guardiana di oche

La guardiana di oche racconta della vicenda di una guardina di oche nella campagna tedesca alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo essere stata violentata da un soldato nazista che si ritirava, lei ripercorre con le sue oche, in un modo del tutto onirico e stralunato, la parabola nazista e la sua rovinosa fine.

Teatro Due di Parma, gennaio 1990.
Regia, scene, costumi e luci di Roberto Cavosi.
Con Michela Martini.
Musiche di Stefano Caprioli.

La Passione secondo Maria

Centro Niccolò Rezzara. Opera contemporanea da camera, aprile 2004.
Regia di Roberto Cavosi.
Direzione musicale Alfredo Santoloci.
Con Corinna Lo Castro, Annalisa Cardone, Cristina Pellegrino, Caterina Spadaro, Roberto Cavosi.
Contralto Catia De Vincentis.

Rassegna stampa

Un appunto pensando al futuro del teatro

Il mondo della comunicazione è ormai diviso in decine di proposte diverse, di codici e linguaggi. In prospettiva è probabile che questi codici vadano aumentando sempre più fino forse al paradosso finale in cui ogni utente avrà un suo codice personale. Un esempio molto banale e grezzo è l’attuale possibilità di vedere una gara di Formula Uno scegliendo col proprio telecomando l’inquadratura o la macchina preferita. Ormai sappiamo che la tecnica ci permetterà questo ed altro ed i temi saranno sempre più specifici e quantizzati. Immagini sempre più dettagliate di una guerra, di una operazione, testimoniano però un bisogno estremo: quello di riuscire a cogliere la verità del nostro mondo, di trovare il senso profondo della nostra realtà contemporanea.

Allo stesso tempo assistiamo a fenomeni di massa il cui comune denominatore è la ricerca di una ritualità collettiva, o per lo meno di gruppo. Basti pensare alle discoteche, alle partite di calcio, ai raduni di settore.

Ma se nel primo caso è proprio la mancanza di ritualità collettiva che spesso svilisce la ricerca in un mero voyerismo nel secondo è la mancanza di profondi contenuti che rende il rito fine a se stesso.

Chi nei secoli è riuscito a coniugare queste due esigenze è proprio il teatro.

Io credo che un teatro che voglia rivolgersi al futuro debba tenere ben presente questi due bisogni ed adoperarsi affinché il nostro mondo possa essere ritualmente e poeticamente raccontato sul palcoscenico.

Tutta la cultura occidentale è nata dall’invocazione rituale ad un dio: “Cantami o Diva…”, e si è collettivizzata in quell’insieme straordinario di generi che era la Tragedia Greca, dove la realtà, l’attualità, entravano prepotentemente in scena catturando il pubblico in una magnifica “messa laica”. Il teatro probabilmente ha bisogno di essere riscritto per creare uno spettacolo completo che risponda al bisogno singolo di ricerca della verità ed a quello collettivo di ritualità.

Il nostro è un mondo violento e solo uno spettacolo che non deluda queste aspettative può essere di reale utilità sociale. Lo scopo del teatro è di combattere la violenza, è nato per questo nell’antichità ed è risorto con lo stesso intento nel medioevo. Non credo che occorra più far teatro se non si pensa a questo.