Sabato notte è il percorso del nostro Paese dal Boom economico ai giorni nostri, con un andamento cronologico non sempre coerente. Sei storie si intrecciano fra loro ed ognuna di esse stigmatizza il lustro a cui si riferisce. In maniera molto grottesca vengono messi in luce i nostri vizi e le nostre virtù, specchio di un’Italia che non ha mai saputo veramente maturare, contraddittoria e “povera”, nonostante lustrini e paìette “indorino” ogni nostro sabato notte in compagnia di “mamma RAI”.
Molto ironicamente un piccolo corpo di ballo crea un filo conduttore tra una storia e l’altra, quasi un siparietto televisivo, dove però, al contrario di ciò che succede in televisione, il risultato non è di “offuscamento luccicante” della realtà ma esattamente il contrario. Con violenza e incoscienza il consumismo ha tentato di “curarci”, ma il provincialismo, la mafia, il terrorismo, la disoccupazione non hanno mai cessato di esistere, anzi spesso si sono fatti più forti. Ne risulta un’italietta smunta e smarrita, buffa e crudele, tenera nei sentimenti dei singoli personaggi ma assurda e tragicomica nel suo “divenire” sociale e culturale. Le musiche, messe a contrappunto, sono formate da brani di canzoni rimaste a noi care e che si sono indissolubilmente legato al nostro costume: “Acqua azzurra acqua chiara”, “Ventiquattromila baci”, “Salirò” eccetera.
Prosa, teatro-danza e musica si alternano drammaturgicamente sul palcoscenico per fare di “Sabato notte” uno spettacolo fonnalmentc inconsueto, satirico e di ampio respiro popolare. Soubrette televisive “duettano” con disoccupati in cassa integrazione, mentre una pioggia di scolapasta di moplen “allaga” la scena. Imitatrìci di B.B. troppo prese dall’acconciatura scambiano inconsapevolmente il loro marito con quello di un’altra, mentre a Pozzuoli la terra trema creando un numero enorme di sfollati e la mafia uccide. Echeggia ancora la bomba di piazza Fontana, mentre moglie e marito giocano alla domatrice e il leone in una specie di “Grande Fratello” nazional-familiare. Un giovane di Termoli lmerese aggiusta infine all’infinito la sua lambretta mentre una processione laico-consumistica si dipana religiosamente sulla scena seguendo le note della sigla televisiva: “Sabato notte”.
Casanova Multimedia e Fondazione Palazzo della Cultura di Latina. Stagione 2005-2006.
Regia di Roberto Cavosi.
Con Chiara Noschese, Fabio Bussotti, Cristina Cellini, Roberto Stocchi.
Scene Tiziano Fario.
Costumi Anna Coluccia.
Musiche Alfredo Santoloci.
Luci Gianluca Cappelletti.
Foto
di Barbara Ledda